18 dicembre 2008

La velocità giusta - The right speed




(English text below)
Alto Adige, un'estate di qualche anno fa. Stiamo camminando da parecchio, e non sono entusiasta. E andiamo troppo lenti. È che l'entusiasmo ci sta venendo meno, e questo ci fa rallentare. Questa valletta laterale sembrava interessante, da lontano, ma ora che siamo qui non la stiamo apprezzando troppo. Stiamo tagliando in orizzontale, su un versante ripido. È ormai da molto tempo che siamo in un ambiente uniforme, in mezzo ad un'intricata boscaglia di latifoglie, piccoli alberi giovani, bassi, fittissimi. Fa caldo, c'è umidità, il sentiero è strettissimo, non si riesce a procedere più velocemente di così, e la selva di piccoli tronchi ci impedisce di vedere più in là di un metro, a volte di meno. Fa quasi buio, perché la luce non passa attraverso i fittissimi alberelli, i cui rami dobbiamo continuamente spostare perché ci sbattono sugli occhi o sulle gambe. "Non è divertente", mi dico io, e rallento ancora, ripensando ad altri boschi ben diversi, in cui vorrei trovarmi in quel momento, le grandi foreste di conifere fatte di vecchissimi abeti, alti trenta, a volte quaranta metri, che si ergono come le colonne di una cattedrale, con i raggi di luce che colpiscono i muschi del sottobosco… qui, decisamente, non è così. Non si vede niente, questi alberelli insignificanti sono tutti uguali, i rami e il caldo umido ci rallentano il passo. Dove ci siamo cacciati… "Sto andando troppo lento, sto rallentando gli altri", mi dico. Di questo passo, chissà quando arriveremo.

Un fruscio, più in alto, alla nostra destra. Un rumore di rami spezzati, più vicino. "Un capriolo!", penso. Ma subito capisco che non può essere così. Non è passato nemmeno un secondo, ed il rumore si sta avvicinando troppo rapidamente, dall'alto, verso di noi. I caprioli non corrono come pazzi in verticale giù per un pendio ripido, in mezzo ad un'intricata e fittissima vegetazione, in direzione degli uomini. Non può essere un capriolo. Ed ecco che appare. Si trova esattamente davanti a me. È alto almeno tre metri, ed ha l'aria antica, vissuta, coperto di muschi e licheni, segnato dalle intemperie. Mi ricorda uno di quei trolls dipinti da Kittelsen, il grande artista norvegese: potrebbe uccidermi, ma è affascinante. Procede maestosamente, con calma, frenato anche lui dai rami degli alberelli. È un macigno, e peserà alcune tonnellate. Molto più alto di noi. È sceso dall'alto, alla mia destra, e sta rotolando verso valle, a sinistra, attraversando il nostro sentiero, cinquanta centimetri davanti al mio naso. Troppo pochi, decisamente. Rotola con determinazione, senza fretta, e non lo ferma niente. Faccio a tempo ad osservarlo per quattro, cinque secondi, durante i quali passo dallo sbigottimento alla coscienza di ciò che sta accadendo. Passato il sentiero, si tuffa nel bosco alla nostra sinistra, e si allontana in basso. Ora capisco il rumore. Il grande sasso si era distaccato, chissà perché, molto più a monte, magari in cima alla montagna che c'è alla nostra destra, sopra al bosco, e poi aveva rotolato attraverso il bosco fino a noi, rallentato dalla vegetazione, ed ora stava ancora continuando a rotolare più a valle, giù a sinistra, e sarebbe andato a colpire chissà cosa. Ci blocchiamo, tesi, in ascolto. Era un masso solo, isolato, non una frana, per fortuna.

No, non stavo camminando troppo lento, quella volta. Andavo esattamente alla velocità giusta.


South Tyrol, one summer, some years ago. We have been walking for a long time, and I am not enthusiast. And we are going too slow. The fact is that we are lacking enthusiasm, and this makes us slow down. This secondary lateral little valley had looked attractive, from afar, but now that we are here we are not enjoying it too much. We are cutting across a woodland, moving horizontally, on a steep side of the valley. We have been proceeding for a long time in a monotonous environment, through an intricate shrubbery of broad-leaved plants, small young trees, very dense, impenetrable. We feel hot and humid, the moisture is annoying, the trail is too narrow, it's impossible to walk quicker, and the jungle of small trunks prevents us from seeing farther than one meter, sometimes less than that. It's almost dark, because the light does not pass through the very thick shrubs, and we must continuously keep away from us the tree branches, hitting our eyes and legs. "It's not funny", I say to myself, and I slow down again, while thinking of other, very different woodlands, in which I would like to be now, the great conifer forests made of tall and ancient firs, thirty or sometimes forty meters high, standing like cathedral columns, with the light beams gently striking the underwood mosses... Here, decidedly, it's not so. One can see nothing, these little meaningless trees look all the same, their branches and the hot moisture slow down our steps. Bah, what a place have we chosen... "I'm walking too slow, I'm slowing down the others", I think. Going on at this speed, who knows when we'll reach our destination.

A wheeze, high over us, on the right. A noise of broken branches, nearer. "A roe deer!", I think. But I realize at once that it cannot be so. Less than one second has passed, and the noise is approaching us too rapidly, from above. Roe deer do not run madly in a vertical direction, down a steep slope, through a thick and dense shrubbery, towards humans. It cannot be a roe. And, suddenly, it appears. It's exactly in front of me. It's at least three meters high, and has an ancient appearance, worn-out, covered with moss and lichens, weather-beaten. It reminds me of one of those trolls, painted by Kittelsen, the great Norwegian artist: it could kill me, but it's fascinating. It goes on its way majestically, calmly, its speed limited by the tree branches, like ours. It's a boulder, weighting some tons. Much taller than us. It came down from above, from the right side of our trail, and it's rolling downwards, to the left, down the valley, crossing our path some fifty centimeters in front of my nose. Too near, decidedly. It's rolling resolutely, with no haste, and nothing will stop it. I can keep watching it for four, five seconds, while I pass from astonishment to the full awareness of what is happening. It crosses our trail, then it drops into the woods, on our left side, and goes down, away. Now I can understand the reason of that noise. The great stone had separated from the mountain rocks, who knows why, in a much higher place, probably near the top of the mountain at our right side above the woods, and had kept rolling down the forest, to us, slowed down by the vegetation, and was now still rolling down the valley on our left, going to hit some unpredictable place. We stand still, tense, listening. It was a single rock, an isolated one, not a large rockfall, luckily.

No, I was not walking too slow, that time. It was exactly the right speed.

In linea retta - In a straight line


(English text below)
Val Senales, un'estate di alcuni anni fa. Sto osservando la foresta, che è un lariceto puro, splendido, fitto, rigoglioso. "Magari spunta un capriolo", mi dico, "ce ne sono tanti!". Osservo il bosco sul versante opposto della valle. Ed ecco, la mia attenzione è attirata da qualcosa di strano. È come fumo. "Un'incendio", penso. Ma il pensiero dura solo un attimo. No, non è fumo: è sottile, animato. È fatto da centinaia di minuscoli esseri viventi. E, all'improvviso, capisco. Sono regoli, fiorrancini, crocieri, fringuelli, ciuffolotti, cince, luì ed altri silvidi, innumerevoli, e formano una stretta colonna alta quaranta, cinquanta metri. Partono dalla cima degli alberi, in verticale, proiettandosi il più velocemente possibile verso l'alto, affollando il cielo verticalmente sopra un singolo punto ben preciso della foresta, lontano da me, e poi si calmano, e si lasciano ricadere lentamente tornando a posarsi poco lontano, intanto che molti altri loro simili si levano in volo allo stesso modo. Sembrano uno sbuffo di vapore, come quello di una locomotiva, ma è uno sbuffo vivo. Io li guardo, perplesso: non avevo mai visto niente di simile. Non si sente alcun rumore, sono troppo lontani, ma è facile indovinare la loro chiassosa babele di cinguettii. Diamine, perché lo fanno? Ed allora noto che il punto, da cui la colonna composta da centinaia di uccellini si leva, la base, si sta decisamente spostando: gli uccelli partono ora dalle cime dei larici un poco più avanti, ed ecco, ora partono da più avanti ancora… Il bosco sembra sbuffare i suoi uccellini gettandoli verso l'alto, come se ci fosse un treno a vapore nascosto sotto agli alberi, e la ciminiera emettesse uccelli. La colonna vivente di uccelli si muove in linea retta, con velocità costante, rapidamente. Mentre gli uccelli levatisi in volo precedentemente si posano, davanti a loro ne partono altri, si proiettano verso l'alto, poi si calmano, si posano a loro volta, e intanto davanti a questo ultimi ne partono altri e si comportano allo stesso modo, e così la colonna sembra un solo organismo vivente, e si muove velocemente. Proprio in linea retta, come sui binari. Divento sempre più curioso, anche perché la base della grande colonna animata, il punto da cui nuovi uccelli partono, si sta avvicinando ad un luogo dove la foresta finisce: c'è un avvallamento con dei prati, laggiù, all'aperto. Mi chiedo cosa accadrà quando arriverà al margine del bosco, e non ci saranno più alberi a nascondere l'origine del fenomeno.
L'origine. Eccola lì, è uscita dal bosco, ed attraversa in linea retta la valle. Tranquillo. Scuro, elegante, le ali sottili. È un falco. "Un Lodolaio", penso. Poi lo guardo meglio: il volo è deciso, agile, potente. "No, non è un Lodolaio, dev'essere un giovane di Falco Pellegrino", mi dico… E mentre sto pensando queste cose, il falco, noncurante di ciò che accade intorno a lui, rientra nel bosco, e gli alberi sopra di lui, mentre si sposta, ricominciano a sbuffare verso l'alto centinaia di uccellini spaventati, che si slanciano verso l'alto all'improvviso, tra grida di allarme che non posso sentire per la distanza, sperando di salvarsi la vita e sperando che il falco non sia affamato e non abbia voglia di cacciare proprio in quel momento. Altrimenti, per ciascuno di loro, quell'istante potrebbe essere l'ultimo.
L'alto sbuffo della colonna di uccelli si allontana, in linea retta, con velocità costante, come se una misteriosa locomotiva si perdesse nella foresta, nella sua strana corsa, sempre più lontano, finché un dosso nel bosco mi impedisce di vedere ancora.

A volte, anche il terrore dà spettacolo.


Schnalstal, South Tyrol, Italy, one summer, some years ago. I'm watching the forest, which is made entirely of larches, splendid, thick, lush. "Maybe I'll see a roe deer", I say to myself, "there are plenty of them!". I am watching the woods on the other side of the valley. And my attention is stirred up by something strange. It looks like smoke. "A fire", I think. But it's a momentary thought. No, it's not smoke: it's thin, animated. It's made of hundreds of tiny living beings. And, suddenly, I realize. They are goldcrests, firecrests, crossbills, finches, bullfinches, tits, chiffchaffs and other Silvidae, countless, and they form a narrow column, forty, fifty meters high. They take off from the tree tops, vertically, throwing themselves as quickly as possible towards the sky, crowding it vertically above a single well-defined spot in the forest, far from me, then they calm down, and let themselves fall gently, to alight nearby, while many others take off in the same way. They resemble a vapor puff, like that of a locomotive, but it's a living puff. I am watching them, amazed: I had never seen the like. Well, why are they doing that? And then I notice that the point, from which the vertical column made of hundreds of birds is arising, its basis, is decidedly moving onwards: the birds are now taking off from the larches tops slightly ahead, and then even more ahead… It seems that the forest is puffing its birdies throwing them towards the sky, as if it were a train there, hidden among the trees, with its chimney ejecting birds. The living column of birds moves on in a straight line, with constant speed, quickly. While the birds, which had taken off before, are now landing, others are taking off in front of them, springing upwards, then they calm down, let themselves land in their turn, and meanwhile others jump up in front of them and behave the same way, and so the column looks like a single living organism, and is moving on rapidly. In a precise straight line, as if moving on rails. I am more and more curious, also because the basis of that great animated column, the point where the birds start from, is approaching a place where the forest comes to an end: there is a valley with some open meadows, down there. I wonder what will happen when the column will reach the edge of the woods, with no more trees to hide the origin of the phenomenon.
The origin. There it is, it has come out of the woods, crossing the valley in a straight line. Calm. Dark, elegant, with its slender wings. It's a hawk. "A hobby falcon", I think. Then I give it a second glance: its flight is resolute, supple, powerful. "No, not a hobby, it must be a juvenile of peregrine falcon", I say to myself... And, while I'm thinking all this, the falcon, not paying attention to what is happening around, enters the forest again, and the trees above it, while it is moving on, start again to puff hundreds of frightened little birds towards the sky, which spring upwards at once, emitting alarm calls that I cannot hear because of the distance, hoping that they will have their life spared and that the hawk is not hungry and doesn't want to hunt just in that very moment. Otherwise, that moment could be the last one, for each of them.
The high puff of the birds column moves far away, in a straight line, with constant speed, and it calls to my mind a mysterious locomotive vanishing in the forest, in its strange rush, farther and farther, until a hill in the woods makes impossible to me to observe it.

Terror is a memorable show, sometimes.